L'Arminuta - Donatella Di Pietrantonio

 "Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure."

 Non c'è una parola di più nè una di meno in questo romanzo: intenso, amaro, feroce, commovente, cui l'uso del dialetto abruzzese, qua e là, aggiunge potenza.

Ogni parola è una staffilata, ogni frase uno strappo che lacera. Lo stile è asciutto, essenziale, graffiante. Capitoli brevi, densi di emozioni e sentimenti: rabbia, dolore, incertezza, senso di solitudine, tristezza, ostinazione nell'attesa, speranza, disperazione. E poi tanta dolcezza nel rapporto di affetto, complicità, protezione reciproca, comprensione che nasce e cresce tra la protagonista e la sorella, Adriana, una bambina spontanea, generosa, buffa, chiacchierona, acuta: ha 10 anni ma per certi aspetti è già adulta; è cresciuta nella privazione ma non si è incattivita "Come un fiore incredibile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza. Nella complicità ci siamo salvate.” Due sorelle che diventano madre l'una dell'altra. La protagonista, l'Arminuta, cioè la ritornata nel senso di restituita, ridata indietro, non avrà nome per tutto il romanzo, quasi a sottolinearne la mancanza di appartenenza, l'identità rubatale dalle vicende della vita.

La storia è raccontata in prima persona dalla protagonista ormai adulta, una donna segnata dall'abbandono, dalla vergogna per colpe non sue ("[la vergogna...]non mi avrebbe più lasciata, come una macchia indelebile addosso, una voglia di vino sulla guancia "); una donna che non si sente "adatta alla vita". 

A13 anni viene riconsegnata dai genitori adottivi, lontani parenti che l'avevano voluta perché senza figli, ai genitori naturali. Non ne capisce il motivo, nessuno glielo spiega, tutti sanno tranne lei e quando lo scoprirà "Il mondo che avevo conosciuto precipitava intorno, pezzi di cielo si abbattevano su di me come scenografie leggere".

 Con la restituzione alla famiglia naturale, la ragazza precipita dalla agiatezza alla miseria, dal calore di una famiglia dove era l'unica figlia, alla caotica convivenza in una casa con due genitori sconosciuti e con 5 fratelli, altrettanto estranei; passa improvvisamente da un ambiente dove riceveva cure ed attenzioni ed ogni bisogno veniva soddisfatto ad una casa piena di spifferi e senza calore umano, i letti uno addosso all'altro, tra sporco e cattivi odori. "Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati. Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero L'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere."

 L'abisso tra le due famiglie, tra le due case tra i due mondi è descritto con pochi tratti dall'autrice, ma con una precisione ed una nettezza che turbano profondamente. E descrivendo questo contrasto, la autrice ci tratteggia il divario netto tra benestanti,(abituati a vite agiate, con un lavoro e uno stipendio sicuri, un'istruzione, gli hobby, le case ben arredate, gli elettrodomestici, le vacanze ed abiti costosi), e la povera gente, gli operai, i lavoratori saltuari, gli sfruttati che stentano a tirare avanti, niente soldi e tanti figli, che vivono nella miseria, quella miseria che inaridisce i cuori, che indurisce le mani, la pelle e i sentimenti.

E così l'Arminuta si ritrova con due madri, ma senza una mamma, tradita ed abbandonata due volte. "Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l'altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute."

E quella parola che nella vita, piu di ogni altra, dà consolazione, forza, certezze, non l'ha più pronunciata: "la parola mamma si è annidata nella mia gola come un rospo che non è più saltato fuori."



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