Breve storia del mio silenzio - Giuseppe Lupo

 "Non sono tante, soltanto ventuno, però se le metti insieme, fanno crescere milioni di parole". È un libro autobiografico, un libro di ricordi, ma ad un certo punto i ricordi di Lupo sono diventati i miei. Sì, perché leggendo ho ritrovato piccoli gesti, oggetti, immagini che da sempre e per sempre mi fanno camminare "a ritroso verso gli angoli di un'infanzia che non esisteva più". Gli odori, i pensieri, le parole dell'infanzia: l'odore del vicks, del dopobarba di mio padre, dell'unguento usato per le strofinazioni, le pecore e la musica degli intervalli della Rai. Per non parlare del racconto dello sbarco sulla Luna, quando "finita la trasmissione, spento l'apparecchio tv....ce ne tornammo a casa passando sotto il chiaro della Luna che era alta nel cielo. Nulla era cambiato eppure sapevamo che uno di noi era arrivato lassù, con i piedi ben piantati sul terreno di buchi e cerchi. Adesso la luna non era più intoccabile. Avrebbe cominciato a spegnere le candeline, un anno dopo l'altro, e il tempo le avrebbe dato l'età per invecchiare". Ed ancora la lettura de il Milione, le filastrocche e le poesie imparate e mai dimenticate, la costruzione delle case per il presepe con le scatole della penicillina, "i giorni di settembre che cominciavano con i buoni propositi"dopo il mese di mare. La figura rassicurante e indelebile dal cuore e dalla memoria del nonno (nel mio caso la nonna) che accanto alla stufa era "impegnato nell'esercizio del tempo: assaporava la leggerezza di chi dimentica, perché solo chi dimentica ama veramente e tutto ciò che gli sta intorno finisce per confondersi nel caldo". Il racconto dell'esperienza degli studi universitari in un'altra città, con la voglia, la necessità di andare via, di lasciare il nido ed allo stesso tempo la ricerca di un pezzo di casa lontano da casa, "quei fili invisibili della memoria" che approfittano di un profumo, di un'insegna, di una vetrina per ricordarci "che il passato lascia sempre un pertugio aperto per arrivare fino a noi" perché "Ricordare e dimenticare sono due parole per addomesticare il tempo". Ed infine il grande amore per le parole, per la lettura, per i libri e quel collegare ogni momento della vita ad un libro preciso perché "Leggere era l'unica medicina in grado di allontanare per sempre la paura". Dolcissime le pagine sull'interpretazione delle parole degli adulti da parte dei bambini, che con la loro fervida, ingenua, lineare, logica immaginazione sentendo la frase "discutere una tesi" immaginano che discutere sia litigare. Poetiche le pagine sull'esercizio quotidiano di capire il passaggio dei giorni guardando fuori dalla finestra, sull'ascoltare il rumore della pioggia e quelle sull'attesa dell'anno nuovo, di quell'attimo "fatale in cui il mondo saliva di un gradino nella via vertiginosa verso la fine: meno dieci, nove, otto....niente più sarebbe stato come prima". Un libro sulla bellezza e la necessità della memoria: "La memoria non è forza di accumulo ma selezione anche solo di un'inezia, di una virgola, di un'ombra dentro un caos di ricordi destinati a finire". Un libro su tutte le "preistorie" che bisogna attraversare prima di iniziare la propria storia. Un poetico, sentito, dolce inno di ringraziamento alla vita, con le sue meraviglie, i disincanti, i dolori, con gli ostacoli, gli imprevisti, con i suoi appuntamenti mancati e con i sogni rincorsi e non sempre raggiunti o raggiunti in ritardo. "La vita è un continuo lacerarsi e ricomporsi, un mettere insieme i pezzi con ostinazione, sapendo di non poterci riuscire mai più".


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