L'isola di Arturo - Elsa Morante

 "Io, da quando sono nato, non ho aspettato altro che il giorno pieno, la perfezione della vita: ho sempre saputo che l'isola, e quella mia primitiva felicità, non erano altro che un'imperfetta notte.....E adesso lo so più che mai; e aspetto sempre che il mio giorno arrivi..." Arturo non ha la mamma, morta nel darlo alla luce "essa era morta per causa mia: come se io l'avessi uccisa. Io ero stato il potere e la violenza del suo destino; ma la sua consolazione mi guariva dalla mia crudeltà. Anzi, questa era la prima grazia tra noi due: che il mio rimorso si confondeva nel suo perdono". Allevato da un giovane che lo ha nutrito con latte di capra, consumato in una "nostalgia impossibile" pensava alla mamma come "alla fedeltà, alla confidenza, alla conversazione; ....a tutto ciò che i padri non erano, secondo l'esperienza mia". Senza affetti e senza regole, un po' timido e un'po' arrogante, lupo solitario bisognoso d'amore e di attenzioni, maschilista, altezzoso. "Io vivevo del tutto digiuno di baci e di carezze: e questo per l'orgoglio era un onore" Con il pensiero della madre mai conosciuta, riempiva il vuoto d'amore "mia madre andava sempre vagando per l'isola e era così presente, là sospesa nell'aria, che pareva di conversare con lei..... essa era uno degli incantesimi dell'isola". Sì, Procida isola magica da cui non riusciva a staccarsi, perché lì era sepolta la madre "una delle malie che mi incatenavano all'Isola....lei mi richiamava come le sirene". Sull'Isola lo trattiene anche la speranza di conquistare l'affetto e le attenzioni del padre, assente spesso fisicamente e sempre emotivamente, un uomo scostante, egoista, anaffettivo, irrisolto, però mitizzato dai suoi occhi di bambino e dallo struggente bisogno di essere amato. "Lui era l'immagine della certezza, e tutto ciò che lui diceva o faceva era il responso di una legge universale". Si era convinto che "lui fosse l'esempio incarnato della perfezione e felicità umana" anche per l'abitudine del padre di mostrare "il proprio personaggio in una luce di vanti". Un padre, invece, incapace di dargli sicurezza e stabilità. "Nel corso della mia vita io mi ero abituato a vederlo spesso variare, come le nuvole". Arturo è cresciuto così, libero e solo, con le sue certezze e le sue paure e nessuno a cui raccontarle. "Tutta la realtà mi arriva limpida e certa; solo la macchia astrusa della morte la intorbidiva". È cresciuto in una Procida che la Morante descrive con poesia : "il tremolio scintillante del mare durante il giorno, come il sorriso di un essere meraviglioso, che a quell'ora, supino lasciato alle correnti carezzevoli anche lui si riposava, pensando a me". Non c'è alcuna presenza femminile nella sua vita: egli guarda alle donne con ostilità, disprezzo, superiorità. In questa vita che scorre tra solitudine, libri, e attese interminabili del ritorno del padre, di un suo sguardo, di un suo sorriso ecco che arriva Nuziatella la giovanissima donna, quasi sua coetanea, che il padre ha sposato a Napoli. L'arrivo della matrigna, porta con sé "le gelosie opposte e intrecciate del mio cuore" e in Arturo si affacciano emozioni e sentimenti confusi, contrastanti, mai conosciuti: la gelosia, l'invidia, la rabbia, la disillusione, l'amore. E soprattutto la consapevolezza che la realtà è molto diversa dai sogni di bambino e frantuma crudelmente tutte le illusioni. Arturo è Procida: bellissimo e solitario, indipendente ma bisognoso di contatto con il mondo, chiuso nel suo isolamento ma con un piroscafo pronto a salpare e, come Procida è protetta ma allo stesso tempo isolata dall'immensità del mare che la circonda, così Arturo è protetto dal suo trsiste isolamento, ma tutti e due guardano verso altre terre, altre vite. Poetico, suggestivo, commovente, si legge d'un fiato anche se il linguaggio è un po' arcaico. Sublimi le descrizioni di Procida e ancor più quelle degli stati d'animo. "Il piroscafo era già là, in attesa. E al guardarlo, io sentii tutta la stranezza della mia tramontata infanzia....".


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