Il racconto dell'ancella - Margaret Atwood
"Nulla muta istantaneamente: in una vasca da bagno che si riscaldi gradatamente finiresti bollito senza nemmeno accorgertene. C'erano notizie sui giornali[......]cadaveri percossi a morte o mutilati[...]ma si trattava di altre donne, e gli uomini che commettevano simili cose erano altri uomini non erano gli uomini che conoscevamo. Le storie dei giornali erano come sogni per noi, brutti sogni sognati da altri[.....]Noi eravamo la gente di cui non si parlava sui giornali[.....]vivevamo negli interstizi tra le storie altrui...". Quegli interstizi in cui sempre, in ogni epoca, è stato facile voltare la testa dall'altra parte, senza prendere posizione, senza indignarsi: gli interstizi dell'indifferenza. Angosciante, claustrofobico, agghiacciante, ma allo stesso tempo ipnotico: difficile staccarsene. La Atwood, oltre trenta anni fa, scrive un romanzo di incredibile attualità. Racconta un mondo futuro, post catastrofe nucleare, in cui la donna ha perso ogni diritto, è solo un contenitore di nuove vite, in un regime basato su assurdi ed esasperati precetti religiosi tratti dalla Bibbia. Le donne sono divise in categorie, ogni categoria ha i suoi doveri: Ancelle (fertili, deputate alla procreazione), Marte (governanti), Mogli (incapaci di procreare cresceranno i figli che i mariti avranno dalle ancelle), Zie, Nondonne..... Donne svuotate, umiliate, senza più passato, senza più un nome, senza più famiglia, senza più un futuro. Tutto questo, nella Repubblica di Galaad, diviene la normalità, perché "La normalità significa ciò cui si è abituati. Se qualcosa potrà non sembrarti normale al momento, dopo un po' di tempo lo sarà. Diventerà normale". È una società senza libertà, senza sentimenti, soffocata da un finto moralismo, esasperato, bigotto; paralizzata dalla paura, che giorno dopo giorno, fa accettare l'inaccettabile, perché, alla fine, ci si abitua a tutto.... Finché una piccola luce, non fa rinascere la voglia di sentirsi vivi, di sentirsi umani, di ricominciare a sperare, ad amare. "Scosto il lenzuolo, mi alzo senza far rumore, a piedi scalzi, in camicia da notte, vado alla finestra; come un bambino voglio vedere la luna sul grembo della neve appena caduta. Il cielo è sereno, ma il riflettore impedisce di capire se c'è la luna; ecco, nel cielo oscurato, una luna galleggia di nuovo, una luna dei desideri, una scheggia d'antica roccia, una dea, un ammiccamento. La luna è una pietra e il cielo è pieno di strumenti esiziali, ma mio Dio, è stupenda".
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