Tocca l'acqua, tocca il vento - Amos Oz

 "L'uomo solo che sta alla finestra della sua stanza [...] sente e capisce di fronte a sé nel buio vivo solo colline e colline deserte che fanno finta di essere colline ma non lo sono, sono un desiderio astratto che per breve tempo si veste di cipressi e sassi. Fino a che.". 

 Meno di duecento pagine, ma c'è di tutto: un grande amore, passione, storia (l'invasione della Polonia, la costruzione del nuovo stato di Israele), filosofia, matematica, musica, guerra, tradimenti, e su tutto aleggia un grande senso di solitudine.

Malinconico, onirico, a tratti fiabesco, magico. "Tutto come in punta di dita. Tutto come dentro un sogno".

Una scrittura musicale, evocativa, poetica. Magnifiche le descrizioni della natura, dei boschi.

"Dalle colline veniva una brezza lieve, sfiorava con la punta delle dita le cime dei pini, li blandiva, diffondeva voci sorprendenti, fremeva un perdono alto e limpido. Il vento infondeva a quei pini una muta e potente allucinazione quasi insopportabile. E allora, con i suoi occhi e il fiato sospeso, lui riusciva a vedere i pini stirarsi nel buio, sin quasi a diventare musica".

Intensa la descrizione della notte che cala, metafora della "malattia nera" che si sta diffondendo in Europa. "Arrivava il buio. Tendeva le sue lunghe dita di crepuscolo, si diffondeva come una malattia nera su tutta l'Europa, sui fiumi, sulle betulle, sulle città protette e sulle steppe di ghiaccio, sulla Polonia e sui suoi boschi, nello spazio della stanza, strisciava sotto le poltrone imbottite, i gatti, gli scaffali, si impadroniva dei ninnoli [.....] Come un cappotto invernale la notte avvolgeva la città di M., raccoglieva e inghiottiva il campanile ferito della Chiesa di Santo Stefano, si impadroniva degli argini del fiume e lanciava su di loro una massa scorrevole, gravava sulla fontana crollata in via Maria Maddalena, raccoglieva in un abbraccio disperato viale Iaroslav, il Palazzo dei concerti, le casette di legno nei sobborghi, le sentinelle nei loro minacciosi pastrani, le acque del fiume, scuriva le distese di neve, bisbigliava alla città «foresta» e tutta la città foresta diventava".

Non facile, intenso ed emozionante: un Oz ancora acerbo, ma già un grande talento.

"Ci sono certamente momenti nella vita di un uomo e di un popolo in cui fare silenzio è fare un uso improprio della lingua. [....] di fronte al male bisogna alzarsi e dire: male".


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