La vita fa rima con la morte - Amos Oz

 "Come la moglie di Lot: per scrivere sei costretto a guardare indietro. E con ciò il tuo sguardo trasforma te e loro in statue di sale"' Con una scrittura fluida e scorrevole, Oz ci offre una rappresentazione fotografica di luoghi e persone con descrizioni dettagliate e attente: un paio di personaggi li ho "visti", quasi riconosciuti. Uno scrittore è sempre in balia di nuove storie: basta un volto, un fugace rossore sulle guance, il movimento di una mano, un piccolo incidente, uno sguardo posato su un particolare e quel volto, quel particolare si impossessano di lui, prepotentemente. Non è lo scrittore che si impossessa della storia, ma il contrario, come se avesse una propria volontà. E da un piccolo particolare nasce un personaggio, una vita, con amori, passioni, luoghi, luci, odori.... "Perché mai scrivere di tutto ciò? Esiste e continuerà a esistere, che tu ne scriva o meno, che tu sia stato qui o meno [.....] con il passare degli anni ha accumulato una specie di ribrezzo per gli estranei [......] ciononostante continua a osservarli gli estranei, e a scriverne, per toccarli senza toccarli, e perché loro lo tocchino senza toccarlo veramente". Tante storie avviate, splendidamente intuite e poi frettolosamente abbandonate. Ad un certo punto non è quasi più possibile distinguere ciò che realmente accade allo scrittore protagonista e ciò che è solo frutto della sua fantasia. Un romanzo breve ma ricco, non privo di originalità e di follia, ma non il miglior Oz.



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