Sentimi - Tea Ranno

 


"Centu uci e 'n cuntu" (cento voci e una storia).

 Questa storia inizia con un viaggio in treno e la descrizione del paesaggio che "scorre oltre il finestrino,...il mare che orla quasi tutto il percorso - ora fermo come una lastra di piombo, ora mosso e spumeggiante - i panni che sventolano appesi ai fili, la vita che si indovina oltre le finestre".

 Il viaggio della protagonista (in cui è facile riconoscere l'autrice stessa) che da Roma, città che la ospita, torna in Sicilia, a Siracusa, nella sua terra, dove va per parlare di donne "Viola, Vincenzina, Stèfana, Teresa: le diverse sfaccettature del femminile, il diverso modo di sporgersi alla vita, comunque il coraggio, la necessità di affermarsi come esseri dotati di una volontà che non si lascia piegare dal male.". 

Queste storie già le conosce, deve solo trovare le parole per raccontarle. Ma la notte dell'arrivo nella sua terra, si ritrova sotto una pioggia fina, persa in una nebbia fitta e la accoglie un coro di voci di donne, senza volti e senza corpi, che ripetono "Sentimi". Queste voci la bloccano e la convincono a fermarsi ed appuntare sul taccuino le loro storie, per far conoscere finalmente "quello che fummo...così leverai da qualcuna la macchia della calunnia, darai a qualcuna la pace della verità".

Sono anime di donne morte, tutte in qualche modo vittime dei loro uomini: donne uccise, umiliate, picchiate, stuprate, non amate.

Sono lì riunite per narrarle di Adele, figlia del tradimento di Rosa (moglie di Rosario) con Tano (marito di Petra, sorella di Rosa) che Rosario vuole uccidere per lavare l'onta delle corna. Adele che loro stesse, quando erano in vita, hanno salvato, quasi a riscattare se stesse e tutte le donne che non hanno trovato salvezza.

E, nel raccontare la parte che hanno avuto nel salvare Adele, si raccontano.

Raccontano le loro vite, i dolori, i torti subiti, le violenze sopportate. Raccontano "quello che fu la nostra vita, perché si sappia che la vita ci scavò e ci tagliò e però non ci abbatté, perché femmine di ferro fummo, e di fuoco". Preannunciate da un "Sentimi" le storie si susseguono veloci, ognuna con la sua voce,   roca o stridula, spavalda o umile, dolce o prepotente, ma tutte con il loro carico di dolore. E la protagonista, spettatrice di questo evento straordinario, soprannaturale, che stenta a distinguere da un sogno, trascrive fedelmente quanto le viene detto dalle ombre che la circondano come nebbia e grazie alle parole scritte dona loro "forma e pure sostanza", rende loro giustizia.

Mi è piaciuto l'impianto narrativo, teatrale e visionario. Ma sono troppe le storie che si intrecciano, troppe le voci di donne che subentrano l'una all'altra e diventa difficile seguire il filo.

Una denuncia dolorosa della condizione della donna, di quanto, nelle mura domestiche e fuori, ancora oggi, subisce. 

Un grido di giustizia per quante, tutti i giorni, vengono uccise, violate e maltrattate.

 "A puisia? E chi è a puisia? Cosa ca si mancia? [...]'U cielu è chinu 'i puisia [...] L'anciuli su' puisia. U ventu è puisia. I manu to' ca trafichiunu su' puisia"




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