L'acqua del lago non è mai dolce - Giulia Caminito

Leggendo mi sembrava di guardare un film, un film neorealista, ma al posto delle macerie post-belliche che facevano da sfondo a quel genere cinematografico, troviamo il degrado della periferia di Roma, dove il rischio di calpestare una siringa abbandonata è altissimo, dove blatte e topi sono inquilini frequenti di scantinati adibiti ad abitazioni. Povertà, sporcizia, lavoro nero e precario, infortuni sul lavoro, speranze disilluse, disperato bisogno di riscatto, frustrazione. Cosi cresce Gaia, protagonista e voce narrante della storia. Nella sua vita "Tutto si regge sull'equilibrio di ciò che è pronto a crollare ma con l'ultima radice si aggrappa a un terreno friabile". Le misere entrate economiche non consentono se non lo stretto necessario. "Io non ho giocattoli e ho poche amiche, mi tocca di ogni cosa la sua copia: la bambola cucita con pezzi di stoffa avanzati, la cartella usata da un'altra bambina [...] le scarpe del mercato [...] con la suola già consumata, al posto delle luci di Natale i mandarini, al posto delle Barbie le loro fotografie ritagliate dalle riviste".

Sua madre, Antonia, è una donna dura, rigida, il cui unico scopo è tirare avanti la famiglia, dopo l'incidente sul lavoro che ha reso invalido il marito: sei persone da nutrire, vestire, far rigare dritto. Antonia che "ha le sue idee costruite chissà come [...] non ha religione, ha perso partito, ha chiara solo la giustizia, una tenace fissazione per le cose giuste".

Ma cos'è la giustizia? Cos'è giusto quando si vive ai margini, rifiutati e derisi, oggetto di discriminazione e sospetto, prigionieri della burocrazia e di burocrati che abusano del loro potere, ostaggio di luoghi comuni? Antonia lotta per avere una casa popolare, lotta per vedere crescere sani i suoi figli, lotta per tenersi un lavoro, lotta per far quadrare il bilancio. Non bacia mai i figli, non li abbraccia, pretende che ottengano dalla vita ciò che lei non ha avuto. "..perché sempre si oppone? Si erge come diga. Perché non si fa vicina? Come tutte le madri, o almeno la madre che io vorrei, e non bacia, non accarezza, non pettina i capelli, non rassicura, non incoraggia, ma solo mortifica con parole e accuse, e sottolinea la fine dei sogni e delle speranze. Mi fa sentire molto da meno, un fallimento, una caduta, un ingranaggio spezzato, un pendolo fermo alle sei di mattino quando ormai è notte fonda". E Gaia soffre, e si inasprisce e si indurisce a sua volta. "E io [...] la giudico e non la perdono".

Gaia che prima bambina, poi adolescente, poi giovane donna si sente " cera e candela, rimango spenta e in bilico sul candelabro", con "la testa vuota di un futuro che non conosco" in quel "limbo tra le mie cadute e le imprevedibili rivincite ". Gaia che la vita fa di tutto per rendere "una donna cattiva". Il rapporto con la madre è alla base delle sue scelte, fatte per accontentarla o per ripicca. Una madre irraggiungibile ed al tempo stesso, una madre da cui fuggire.

Cresce ad Aguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, qui vive le sue esperienze, subisce soprusi e impara a difendersi, vive amicizie alcune sincere altre no, vive i suoi primi amori. Conosce oltre al dolore della povertà, delle privazioni, anche la perdita di ciò in cui ha creduto. Ha vergogna della sua povertà, della sua casa, di suo padre sulla sedia a rotelle, di sua madre. Ha vergogna di sé, del suo corpo, delle sue orecchie, dei suoi capelli rossi. Non riesce ad aprirsi, a raccontarsi, a confidarsi. Accumula dentro di sé rabbia ed aggressività, che a tratti sfociano in sentimenti di odio e violenza e reagisce alle delusioni ed ai tradimenti con una veemenza inaudita, senza provarne rimorso.

Un romanzo crudo, doloroso, sul disagio, sull'ingiustizia, su com'è facile perdersi quando non si ha niente da perdere, quando nulla, né l'amore, né lo studio, né l'impegno, offrono speranza e possibilità di riscatto.



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