Nina Vico Storto Concordia, 10 - Adelia Battista


Quando, studentessa fuori sede, di buon'ora, il lunedì mattina arrivavo con il pulman da Benevento a Napoli, attraversando piazza Carlo III la mia attenzione era calamitata dal Real Albergo dei Poveri. Mi ha sempre affascinato quella costruzione, un po' per sua la storia, un po' per le dimensioni, un po' per la leggenda che la vuole popolata di spettri e teatro di fenomeni misteriosi. Proprio qui, tra le macerie del terremoto dell'80, tra le carte dell'archivio del Tribunale dei minori che vi ha dimorato per un periodo, sepolta insieme alle tante altre storie che vi si sono consumate, la storia di Nina aspettava che qualcuno la scovasse e la riportasse alla luce.


Nina dalla voce bellissima, che ama cantare ma ha un peso sul cuore. Nina che ha conosciuto il dolore, la paura: figlia di Nicola, uomo violento, e di Carmela che sopportava tutto per amore dei figli. Nina che, rimasta orfana della mamma e con il padre in galera, è finita in orfanotrofio con i suoi fratelli.
E accanto alla storia di Nina tante altre storie.
La storia di Rosa, la nonna, che lotta per avere con sé le nipoti; Rosa con la sua dignità nel dolore e nella fatica, la sua forza, la sua dolcezza, il suo gran cuore. Rosa con la crocchia di capelli grigi sulla nuca, vestita a lutto, con la schiena dolente e le mani sempre nell'acqua, chè da quando era poco più di una bambina ha fatto la lavandaia.
La storia di Carmela, innamorata dell'amore, che sposa Nicola e poi scopre che è un uomo violento e senza scrupoli.
La storia di Giovannino che da bambino, quando mancava la corrente, studiava sotto un lampione per strada e che riesce con sacrifici a diventare avvocato, ma non dimentica la gente del vico e chi lo ha aiutato con un piatto di minestra ed un po' di calore.
La storia di "mogli che aspettano sul molo, fianco a fianco" il ritorno dei mariti pescatori dopo una notte di tempesta; di bambini che si ritrovano orfani a fare i capofamiglia a 12 anni. 
È la storia di Napoli del dopoguerra, dei vichi dove si cresce "insieme alla brava gente e a quella canaglia" tra miseria, fatica, lacrime e sorrisi, corse e grida di scugnizzi, giorni belli e giorni brutti.
E, mentre leggi, sei lì, in quei vichi: vedi "la nebbiolina azzurra" che si posa sulle colline di Napoli, il cielo di quel colore che ho visto solo lì e le nuvole che il vento spinge verso il mare; vedi i carretti che passano per i vicoli, i panni stesi ad asciugare; senti l'odore del bucato e delle zeppole fritte e nelle orecchie ti giungono "le voci dei bambini che correvano a piedi nudi in una specie di balletto, da un punto all'altro della via" o quelle dei piccoli dell'orfanotrofio che cantano "giro giro tondo"....
Una storia di speranza, di riscatto, di rinascita. Una storia in cui "la gioia e la tristezza sono gemelle".
Un racconto che è pura poesia, la poesia della vita, la poesia nascosta nelle piccole cose della vita.

 

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