Una minima infelicità - Carmen Verde

 “La vita non è meno della letteratura. Bisognerebbe studiare a scuola l’infelicità delle nostre madri.”


Scrittura pulita, elegante, struggente e poetica.
Le parole usate con cura, a cesellare, ricamare, una storia di dolore, di disagio, di malattia mentale, di desiderio d'amore. Una storia di infelicità. Un'infelicità tramandata, "insegnata" da madre a figlia per tre generazioni.
"L'infelicita è un luogo, un luogo fisico, una stanza buia nella quale scegliamo di stare".

La storia di tre donne, una nonna, una mamma e una figlia, con una "somiglianza che stringe il cuore a chi arriva a riconoscerla".

Una storia narrata per immagini, prendendo spunto da momenti immortalati in alcune fotografie.
E, come in una foto in bianco e nero, il romanzo pare sospeso nel tempo, dilatato nello spazio.
"Nonna diceva che il tempo se ne sta sull'uscio di casa e aspetta, guardandoci vivere quel tanto che ancora ci resta".

E, come una foto, ti parla al cuore, racconta ricordi.
"Non c'è da fidarsi dei ricordi [... ] Sono come i sogni, i ricordi: mai del tutto decifrabili, sedie zoppe che non riesci a far star dritte senza qualche piccolo rincalzo".

Il romanzo procede per paragrafi brevi, alcuni brevissimi. Tanti gli spazi bianchi, i silenzi. E proprio in quei silenzi senti gridare tutto il dolore e l'infelicità delle protagoniste.
Spazi vuoti da riempire con le emozioni.

"Continuavano a piacermi le poesie, il loro andare a capo volontario, senza giungere alla fine del rigo. Giunto a un certo punto, il verso si interrompe. È quello il suo limite. Le labbra,  allora, sperimentano il silenzio ".



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