Nannina - Stefania Spanò

 "Questo volevo trasmettere al lettore, tra le crepe e le ombre, più di tutto volevo fargli provare insieme alle mie personagge una grande fiducia nei confronti della parola" scrive Stefania Spanò nelle note finali di "Nannina".  E ci è riuscita benissimo.

Ama le parole, la nostra Autrice, e le usa molto bene. Ama le parole, specie quelle "cuntate" trasmesse a voce, degna nipote di una nonna "cuntastroppole".

"Le storie sono sogni sognati in coro, a occhi aperti. Più cristiani sognano insieme, più i sogni tengono la possibilità di avverarsi [...] Cuntiamocele per restare svegli, le storie! I grandi a volte si scordano che ascoltarsi l'un con l'altro è l'unico modo di campare contenti".

Ed ama Secondigliano, il suo quartiere, con i suoi problemi, le sue brutture, le contraddizioni, "...per quanto lontana io possa andare, il mio quartiere è un buco nero: risucchia tutto quello che prova a scappare..." "una parte di me li odia tutti e l'altra li ama così tanto da volerli portare con sé".

Eppure "In quel momento fu grata alla vita per averla fatta nascere là e grata a chi le aveva insegnato a riconoscere tanta bellezza tra le fiamme dell'inferno e a non abituarsi mai, né alla bellezza né all'inferno". 

Una nonna, Nannina la "cuntastroppole", cui "cuntare piaceva assai, era il suo modo di fare l'amore con tutta Mianella" e una nipote,  Stephanie, cui la nonna vuole "fare posto" esortandola a trovare da sola la sua strada.

Un legame intenso, profondo, emozionante, ancor più perché Stephanie e Nannina sono l'Autrice e sua nonna.

E come Stephanie, l'Autrice "sente di essere impastata dei riti di un mondo antico che non conosce e sente l'impulso irresistibile di portarli nel suo mondo, che è un luogo parimenti sconosciuto [...] e che, quando comincia a frequentare,  non riesce a capire".



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