Fuoco grande - Cesare Pavese, Bianca Garufi

Due voci, due scrittori, due protagonisti, due punti di vista, due modi di sentire, due inquietudini, due tormenti. Tutto a doppio, come in un gioco di specchi. Specchi ingannevoli.

Silvia e Giovanni.

Giovanni che senza Silvia si sente perduto "non era lei che era sparita [...] chi s'era perduto ero io e non mi vedevo più intorno cose che conoscessi"; la cui vita "era un mondo di Silvie che mi avevano accostato un istante".

Silvia: "nata di terra e di sangue"; "cieca in un mondo che vede"; che sa "che non si può innamorare, ma forse con Giovanni, chissà..."; Silvia, "sempre dispersa e sempre sola"

L’incomunicabilità tra due mondi, due solitudini, due esseri che, pur se amanti, appaiono irrimediabilmente estranei.

Silvia che convive con il suo terribile segreto, disillusa e senza speranze “C’era solo da essere vivi, giorno per giorno come ignorando che tutto era accaduto e persino che cosa era accaduto, perché non ci fosse più speranza.”

"Una volta confidai a Flavia tutta la mia storia. E da quel momento fu chiaro in me che l’orrore esisteva per me sola e che mai avrei avuto un punto fermo sulla terra, qualcosa che io potessi rispettare".

Giovanni estraneo, distaccato, sempre fuori posto, indifferente”…e adesso che c’ero non sapevo che fermarmi davanti a uno specchio e chiedermi che cosa facesse quest’uomo in questa casa”.

“Ero entrato in un mondo di passato e di sangue, di cose compatte e ignote, come si entra nel letto di un altro".

Ho avvertito sin dall'inizio una sensazione di circolarità che ha trovato il culmine nell'immagine di Giovanni, solo, davanti al mare con la quale si chiude e si apre il racconto.



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