Memorie di una famiglia di guantai - Antonio Caiafa

"Il quartiere Sanità era particolarissimo per le nunerose e poliedriche anime che lo abitavano. In silenzio aveva ospitato uno dei più grandi architetti della storia, Ferdinando Sanfelice; in silenzio avevano camminato per via Vergini i tre fratelli De Filippo; in silenzio alla via Cristallini, si era spento il poeta Raffaele Chiurazzi..."

E in silenzio si è spenta la tradizione degli artigiani della Sanità: "scarpari", "cazunari" (quest'ultimi inventori della raccolta differenziata) e soprattutto guantai. Tradizione che, in quello stesso silenzio, era fiorita ed aveva prosperato per secoli.

"Memorie di una famiglia di guantai" di Antonio Caiafa ci porta nel Rione Sanità degli anni Cinquanta, dove ferveva l'attività di intere famiglie di artigiani specializzati, ciascuno nel suo ruolo, nel suo compito (erano necessari 25 passaggi per produrre un guanto!): "un'arte che si praticava con le mani e per le mani".

Un'arte conosciuta e riconosciuta in tutto il mondo. Perfino Philip Roth in "Pastorale americana" menziona la bravura eccezionale dei guantai napoletani!

Caiafa prova a individuare i fattori economici e sociali che hanno portato alla fine di questa tradizione. Innanzitutto, la manodopera che era soprattutto a nero, non consentiva il riconoscimento di diritti e assistenza. D'altra parte "Era strano parlare di sfruttamento quando quel guadagno immediato sostituiva un bisogno impellente. Il lavoro irregolare aveva risolto uno dei problemi più complessi della storia". C'era poi l'assenza di un progetto politico teso a valorizzare questo comparto; il terremoto dell'80 che ha sradicato tanti abitanti dal quartiere garantendo un'abitazione in periferia ma allontanandoli dal posto di lavoro; la concorrenza da parte del prodotto industriale, meno bello ma più a buon mercato; la concorrenza asiatica; la camorra; l'incapacità di andare oltre i media e i luoghi comuni: "la brava gente mischiata con la cattiva gente [...] Nella Sanità non potevano esserci lavoratori, non potevano esserci persone perbene"  senza alcuna differenza "tra chi la violenza la usava e chi invece la subiva. E soprattutto senza considerare la paura, arma diabolica e micidiale".

Accanto a questa indagine sociologica e politica in "Memorie di una famiglia di guantai" ci sono le storie di vita di donne e uomini, di lavoratori e delle loro famiglie: le lotte quotidiane, i pensieri, i dolori e le piccole gioie consumate tra quelle pareti di tufo.

C'è Geltrude, nobildonna che concepisce un figlio illegittimo; Antonietta che accoglierà il bambino e lo crescerà insieme ai suoi, poi costretta a lasciarli per poter lavorare; Angelina maestra guantaia; Rosa che, con la sola licenza elementare, scrive un vademecum del guantaio; Jamal che incita gli operai a ribellarsi; Francesco appassionato segretario della sezione del PCI della Sanità; Sputazzella " ' O Zarellaro" e sua sorella Emma nella loro merceria...tutti personaggi realmente esistiti, ricchi di umanità. 

Ho trovato poetiche e intense le pagine su "Lo sciopero delle candele"; e quelle su "Il silenzio dell'edilizia popolare" che improvvisanente avvolge gli abitanti del rione rumoroso e vociante trapiantati nelle abitazioni di Scampia o Secondigliano assegnate dopo il terremoto. E le pagine sul "Lotto" : "Era un mago. Uno stregone che calcolava ogni minima situazione,  trasformandola, in un altro momento, in numeri. Un matematico. Un ingegnere filosofo..."

Un romanzo corale, in cui ogni voce arriva al cuore del lettore, come descritto da Dacia Maraini nella quarta di copertina.

"-Qualcuno mi ha detto che la Sanità è donna,non è vero?- riprese don Giuseppe.

- La Sanità è femminella- , replicò Nicola, facendo ridere i due religiosi.

-Io invece credo che la Sanità è Santità,  non vi sembra?-, disse suor Giovanna. - No-, ribatté subito il ragazzo.

-Sì, una Sanità ribelle e una Santità vera - ribadì il prete".



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