L'urlo e il furore - William Faulkner
“[La vita] è un racconto narrato da un idiota, pieno di urla e furore, che non ha alcun significato”. Dal "Macbeth" di Shakespeare.
Complicato, impegnativo, a tratti tortuoso e oscuro, con tempi narrativi sfasati e livelli temporali differenti che si alternano senza soluzione di continuità; flussi di pensiero, tanti nomi, spesso simili o addirittura uguali, per altrettanti personaggi...insomma: faticoso.
Però, che meraviglia! Quando, man mano che le pagine da leggere si assottigliano e la matassa si dipana e su tutto si fa luce e comprendi ogni cosa, tutta la fatica sparisce d'incanto e ti resta il piacere di una lettura bella veramente, al punto che riprendi dalle prime pagine e vai a rileggere i passaggi che, alla prima lettura, non potevi interpretare.
"L'urlo e il furore", racconta la storia dei Compson, famiglia sudista, nei primi decenni del 1900, con le ferite della guerra di secessione ancora aperte e a ridosso con la crisi del ‘29. Sono quattro capitoli, ciascuno raccontato da una voce diversa.
Nel primo capitolo i fatti narrati seguono il filo dei pensieri, poco lineari, interrotti, disordinati di Benjy, uno dei figli dei Compson, affetto da ritardo mentale.
Il secondo capitolo ha la voce dei pensieri di Quentin, il figlio maggiore, morbosamente preoccupato della verginità della sorella, Caddy, che vorrebbe custodire a tutti i costi, ossessione dovuta ad un amore incestuoso oltre che ad una educazione valoriale familiare oppressiva, limitata e limitante. Anche la mente di Quentin appare disturbata e il flusso di coscienza assume spesso toni ossessivi, quasi allucinatori.
La terza voce appartiene a Jason, l'ultimo figlio un uomo mediocre, frustrato, razzista, anaffettivo, calcolatore, pieno di rancore nei confronti dei suoi simili, bianchi o neri indistintamente, della sua famiglia e soprattutto di Caddy.
La voce dell'ultimo capitolo è quella del narratore che chiarisce ogni cosa e dirada ogni nebbia, attraverso gli occhi di Disley, la governante nera testimone di tutti gli eventi.
Conclude il romanzo un’appendice, aggiunta dopo la prima pubblicazione, che narra la storia dei Compson dal 1699 al 1945.
"Le battaglie non si vincono mai. Non si combattono nemmeno. L’uomo scopre, sul campo, solo la sua follia e disperazione, e la vittoria è un’illusione dei filosofi e degli stolti".
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